Metti un giapponese a cena
…e nessuna lingua in comune.
A permettere la comunicazione, solo la app di Google Translate.
Kiku è arrivato da Osaka in Italia per due motivi: farsi tatuare da Luca e poi, bello inchiostrato, andare a Napoli per imparare a fare la pizza.
L’ho conosciuto un martedì sera di settembre, dopo lunghi mesi di messaggi con Luca via Instagram. È lì che Kiku ha trovato Luca. Ha sentito che era “il suo” artista e che doveva farsi tatuare da lui, come mi ha raccontato a cena.
Mentre io spadellavo, Luca faceva da Cicerone nel nostro appartamento, mostrandogli le nostre erbe aromatiche. Un incontro per lui stupefacente e odoroso in modo straordinario, inframezzato da inspiri e “Mmmmmmmhhhhh” di profonda approvazione. Chissà cosa avrebbe detto se avesse annusato l’origano di un terrazzo siciliano.
Fra traduzioni sgangherate, mille volte grazie, inchini e gentilezza fuori dal comune, la cena è andata benissimo, nonostante i gap linguistici. Ci siamo sentiti come amici di lunga data, che con poche parole e poche ore insieme si sono raccontati già tutto.
“Guide” per un giorno nella nostra città
La terza sera, dopo interminabili ore di tatuaggio, abbiamo finalmente accompagnato Kiku in giro per la nostra città.
Una sensazione nuova e strana essere noi a fare da “guide” per una persona che arriva da 10.000 km di distanza, raccontando al traduttore simultaneo le poche cose che sapevamo dei palazzi storici udinesi (#shame).
Abbiamo rallentato il passo, provando per la prima volta nelle suole delle nostre scarpe la pazienza infinita delle guide locali in Nepal e in giro per il continente asiatico.
Abbiamo atteso mentre Kiku camminava con il naso per aria scattando decine di foto, abbiamo indirizzato il suo cammino a destra e a sinistra, lo abbiamo chiamato perché facesse attenzione alle auto e agli edifici che si affacciavano da un lato o dall’altro del centro: il Castello di Udine, la chiesa di Piazza San Giacomo, la Biblioteca Civica e il palazzo del Municipio.
Passeggiando, Kiku a sua volta ci raccontava la nostra città con i suoi occhi, cogliendo dettagli e sensazioni così profondamente giapponesi da essere per noi quasi irraggiungibili.
Sensibilità asiatica
Passare alcune ore in sua compagnia ha accresciuto ancora di più, se possibile, la nostra ammirazione per la cultura e la gentilezza asiatica, che emergeva in mille dettagli: la sensibilità di raccogliere le briciole dal tavolo del bar e di portarle nell’aiuola più vicina per darle ai passeri o l’accortezza di prendere una cavalletta dal marciapiede per liberarla nell’area verde del parco; il raccoglimento di uno sguardo sospeso sopra la roggia che attraversa il centro storico; i regalini incartati con cura per Luca, per lo studio, la proprietaria del B&B e per me.
È questo, probabilmente che io e Luca andiamo cercando nei viaggi in Asia. Un senso di gentilezza e di profondità che nella nostra vita quotidiana a volte mancano. Una sensibilità che abbiamo incontrato facilmente in Asia, ma che talvolta (spesso) ci manca quando torniamo a casa.
Lasciar andare
La capacità di lasciar andare le piccole seccature o le mancanze del nostro sistema con calma serafica sono altri due aspetti che stimiamo delle culture asiatiche.
Kiku ha affrontato ritardi, la perdita della sua valigia fra Milano e Trieste, i disservizi tutti italiani con un sorriso e tanta pazienza.
Anche nel muoversi in città, lui prendeva tutto con la giusta ponderazione, senza quella fretta di fare le cose che caratterizza noi occidentali, soprattutto nelle cose più semplici.
La sensazione che abbiamo avuto noi osservando lui e anche i nepalesi, durante il nostro ultimo viaggio, è che comunque loro non perdano tempo così facendo.
Forse lo utilizzano meglio?
Gli italiani, visti da un’altra prospettiva
Di fronte a una succulenta cena friulana abbiamo osservato i nostri connazionali e conoscenti, reinterpretati dal nostro amico di Osaka.
Ci siamo sorpresi dei particolari e dei gesti involontari che Kiku era in grado di cogliere nelle persone al ristorante, mentre ci parlava del karma dei nostri amici; mentre sorrideva della “mamma” del locale, agghindata come un lampadario e molto sollecita nel proporre vini pregiati e dolci ai clienti. C’era sempre un che di poetico e spirituale nel suo modo di descriverci.
“Gli italiani sono facili da capire: sono molto espressivi. Non sono come i giapponesi, che fanno di tutto per contenere le loro emozioni, con un’attitudine sempre composta e riservata”, ci ha spiegato.
A presto
Alla fine di questi tre giorni, ci chiediamo se sia più lui ad aver portato con sé qualcosa della nostra “italianità”, o se invece siamo noi a dover ringraziare Kiku per averci dato così tanto di nuovo, in così poco tempo.
Chi lo sa. Resteremo col dubbio.
In ogni caso a presto. Ci rivediamo in Giappone. 🙏
14 commenti
Lo speriamo anche noi! Ci piacerebbe moltissimo andare in Giappone e farci accompagnare in giro da lui sarebbe veramente stupendo 🙂
No beh in effetti Kiku, per ottimizzare il viaggio, di tatuaggi se ne è fatti cinque… ha passato tre giorni interi in studio a farsi inchiostrare ?
Quando ho saputo che sarebbe venuto non ci potevo credere, un’avventura davvero incredibile!
Che bellissima esperienza avete fatto! Siete stati bravissimi, soprattutto a superare le barriere linguistiche, che non sono di poco conto. Spero che prima o poi Kiku ricambi la vostra ospitalità 😉
Quindi Kiku si è fatto un viaggio intercontinentale per un tatuaggio?! Mi sembra un’avventura incredibile, sicuramente si porterà scritto sulla pelle oltre che nei ricordi il suo viaggio. Comunque vederci attraverso gli occhi degli stranieri è sempre un’esperienza particolare
Grazie Silvia 🙂 speriamo tanto che l’incontro con il nostro nuovo amico giapponese ci porti a Osaka, in futuro, per poterlo incontrare di nuovo e visitare il Giappone, che è da tanto tempo sulla nostra lista!
dai ma che bella esperienza, siete dei viaggiatori da seguire assolutamente poi conoscere persone in questo modo è davvero una cosa indimenticabile che si ricorda per tutta la vita
Concordo con te Ilaria, il ritmo della nostra vita è spesso troppo veloce e ci fa perdere dei dettagli per strada. Incontrare qualcuno che ce li ricorda, grazie alla sua cultura differente, può aiutarci a rallentare un po’… o almeno a farci provare!
Sì è vero. Ed è anche una cosa che mi capita raramente, per questo, quando succede, mi colpisce sempre. 🙂
Bellissimo questo articolo! È stato un piacere leggerlo. La cultura asiatica ha tanto da insegnare, soprattutto sull’educazione e nei piccoli gesti che in realtà sono tanto grandi e ricchi di significato. Forse noi andiamo sempre troppo di corsa per godere di queste piccole cose, io cerco sempre di rallentare ma spesso me ne dimentico ❤️
A volte guardarci con gli occhi di chi ci guarda è bello. Ancora più bello se questa persona è sensibile e sa cogliere il bello che c’è in noi.
Sì lo credo anche io. L’incontro con altre culture, anche in casa propria, è sempre un’esperienza che dà tanto secondo me. 🙂
Grazie Viola,
sì è stato davvero interessante, spero che il futuro ci riservi di incontrarci di nuovo 🙂
E’ questo l’aspetto che amo di più del viaggiare o del fare amicizia con altri viaggiatori…. il mettersi al confronto, il ‘rubarsi’ quello che di buono c’è nell’altro, il riconoscere i propri limiti (non tanto come persona ma come popolo o cultura)….. bellissimo post, sono sicura che questo incontro vi rimarrà nel cuore.
Leggere questo articolo mi è piaciuto molto! 🙂 Un incontro interessante, uno scambio di culture bellissimo…Grazie per averlo condiviso!