Un libro e ora anche un film da non perdere, tratto dal romanzo “Le otto montagne” di Paolo Cognetti.
Già qualche tempo fa avevo parlato del romanzo fra le pagine del blog, ma la recente uscita del film mi ha fatto venir voglia di rileggerlo e raccontarvi qualche impressione sull’adattamento del cinematografico.
Il libro “Le otto montagne”, di cosa parla
Nel libro “Le otto montagne”, vincitore del Premio Strega nel 2017, ci sono tre grandi temi: la montagna, il rapporto del protagonista Pietro con il padre e quello con l’amico Bruno.
Ci troviamo in Valle d’Aosta nel 1984 e a 12 anni Pietro incontra Bruno, l’unico ragazzino del villaggio di Brusson in cui Pietro e famiglia trascorrevano le vacanze estive.
Pietro e Bruno sono al contempo diversi e simili fra loro: il primo cresciuto nella caotica Milano, il secondo fra le Alpi, in un paesello isolato dal resto del mondo. Entrambi hanno in comune un rapporto difficile con i rispettivi padri figure assenti in quel periodo. Il papà di Pietro, ingegnere in una grande azienda di Milano e gran lavoratore, sembra non riuscire a comunicare con il figlio e i pochi momenti che trascorrono insieme andando a camminare in montagna non riescono a creare fra loro un legame. Ma la sua figura avrà un ruolo importantissimo nella vita di entrambi i ragazzi, sia prima sia dopo la sua morte.
Bruno è un ragazzo di poche parole, ma ciononostante durante le prime estati in montagna fra i due si instaura un’amicizia profonda e duratura, sebbene negli anni le strade di Pietro e Bruno prendano direzioni differenti.
Da giovane adulto senza le idee troppo chiare su cosa fare della propria vita, Pietro viaggia in Nepal, dove si dedica al volontariato e gira dei documentari fra le vette dell’Himalaya, restando lontano dall’Italia e dalle Alpi per lunghi periodi.
Bruno invece rimane sempre nel suo paese d’origine e prova a gestire un alpeggio “alla vecchia maniera”, conducendo una vita da montanaro insieme alla moglie e alla figlia.
Inframezzato da lunghi periodi di silenzio e lontananza, il rapporto fra i due non può che ricongiungersi fra quelle montagne, grazie a un terreno e a un rudere ai piedi del Grenon che il padre di Pietro aveva comprato per il figlio qualche anno prima, a sua insaputa e nonostante non si parlassero da quasi un decennio.
Senza anticiparvi troppi spoiler, il resto lo lascio scoprire a voi, così come la spiegazione del titolo del libro, “Le otto montagne”, che naturalmente ha un un forte legame con le vette più alte del mondo.
📌 Se non l’avete ancora letto, potete ordinarlo su Amazon o sul sito della Feltrinelli.
La mia personalissima recensione del romanzo “Le otto montagne”
In tema di libri di viaggio, ammetto che di solito preferisco i reportage e le storie vere, storie di persone che cercano l’altrove e se stessi in giro per il mondo. Ma i libri di Paolo Cognetti per me sono una felice eccezione.
Ne amo scrittura coinvolgente e sensibile, le storie introspettive da cui trapelano la personalità e le esperienze dell’autore, che pur restando nascosto dietro i propri personaggi si svela in alcuni tratti.
Paolo Cognetti infatti è uno che racconta la montagna avendola vissuta fin da bambino in Valle d’Aosta, dove appunto andava in vacanza, e ha fatto esperienze importanti fra le montagne dell’Himalaya. Ad alte vette e boschi ha dedicato tre romanzi fino ad ora: se anche voi amate il silenzio fra gli alberi e i sentieri in salita forse fanno proprio per voi.
- Le otto montagne, Einaudi, 2016 (in vendita su Amazon o La Feltrinelli)
- Senza mai arrivare in cima. Viaggio in Himalaya, Einaudi, 2018 (su Amazon o La Feltrinelli)
- La felicità del lupo, Einaudi, 2021 (su Amazon o La Feltrinelli)
- Dhampus in Nepal: tradizioni e natura di un villaggio rurale di montagna
- Voglia di Oriente: una selezione di libri sull’Asia
- Cinque libri per viaggiare e scrivere, una selezione (non convenzionale) di titoli.
Le otto montagne, il film tratto dal romanzo
L’adattamento cinematografico del romanzo a me è piaciuto molto. Girato in parte in Valle d’Aosta e in Nepal nel 2022, l’ho trovato piuttosto fedele al libro (seppur con qualche piccola variazione) e ho apprezzato molto l’interpretazione degli attori.
Senza nulla togliere al protagonista, mi sono piaciuti moltissimo Alessandro Borghi nel ruolo di Bruno, con quell’accento e le parole in dialetto che difficilmente ero riuscita a immaginare leggendo il libro, e soprattutto Filippo Timi nel ruolo del papà di Pietro, intenso, a tratti famigliare.
Personalmente consiglio di vederlo dopo aver già letto il libro, perché penso che la bellezza di un romanzo sia proprio la capacità di far immaginare luoghi e personaggi, e di viaggiare con loro senza avere troppe idee prima. E senza sapere come va a finire fino a quando non si arriva all’ultima pagina.
Ma se fate l’inverso poco importa, la storia è così bella che difficilmente il libro può lasciar delusi.

Con questa breve recensione spero di avervi invogliati alla lettura o ad andare al cinema. Se vi va, fatemi sapere nei commenti che ne pensate.