In questo diario di viaggio a Porto in Portogallo abbiamo raccolto impressioni calde e immagini vive di Oporto, senza filtri. Un racconto di viaggio vero attraverso immagini e parole, per portarvi in giro in città.
O anche solo immaginarla prima di partire.
I diari di viaggio sono nostri inseparabili compagni di avventura. Parole e disegni per catturare quelle sensazioni uniche che si provano visitando una città nuova. Qui di informazioni pratiche su cosa vedere a Porto in Portogallo non ce ne sono molte (se cercate quelle, leggete questo articolo, vi racconto tutto!); qui vorrei invece provare a portarvi in viaggio con noi in un altro modo.
Se vi piace questo post, vi invito a lasciare un commento in fondo alla pagina: è il primo di un nuovo progetto che io e Luca vorremmo creare per il blog. Un esperimento.
Per questo mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Vi è piaciuto? Cosa avete provato leggendo queste righe?
Se vi va scrivetemi. 🙂

In aeroporto, finalmente
Emozione. Ansia. Agitazione. L’ebrezza di partire in aereo è come una corsa in bicicletta con le braccia spalancate e il vento in faccia.
Dopo 14 mesi dall’ultimo decollo e ho-perso-il-conto-di-quanti-mesi dall’ultimo viaggio all’estero, mi sento agitata ed eccitata come se stessi per prendere un volo intercontinentale.
Allo stesso tempo siamo un po’ sopraffatti dalle cose da fare: le scartoffie e tutto questo sistema di Dplf, Peu, P#stocazzo (tutti scritti in robotico, tra l’altro). Non solo prima di partire, ma anche in aeroporto, dove la gente scartabella fra mille carte che sistematicamente cascano in giro e tutto va a rilento più che mai. Mentre io vorrei correre ora.
Ai controlli di sicurezza ancora un po’ di sbuffate. Dopo aver ravanato nel bagaglio a mano per tirare fuori il pericolosissimo e-reader, averlo messo sul nastro e aver passato il metal-detector senza scarpe esplosive, finalmente si va.
Il cuore Porto, quartiere Ribeira
Sera. Sono frastornata, l’impatto Ribeira, il centro storico, è stato intenso. Porto è una tavolozza di colori e decorazioni che non ti aspetti. È un mix di tradizione, storia, contemporaneità e tanti azulejos. Balconi in ferro decorati a tombolo, panni che sventolano.
Nell’aria si respira decadenza mista a uno chic bohémien da città di mercanti.


Dopo una giornata intera in giro, ci sembra di aver visto solo una particella minuscola di questa città. Porto ha una personalità forte. Vecchio e nuovo si fondono in modo insolito, e ovunque si coglie il suo spirito cosmopolita, dai ristoranti ai visi delle persone.
Mattina.
Oggi piove, non c’è il cielo. Anzi, ora che guardo fuori dalla finestra diluvia. Il vento è forte, l’aria densa di umidità. La mattina presto Porto odora di mare. I gabbiani volano e strillano da un tetto all’altro.
L’inizio di giornata è complicato, sotto il diluvio battente spazzato da folate di vento ci si bagna nonostante le giacche impermeabili e gli ombrelli grandi (che fortunatamente ci hanno prestato in albergo).
La Cattedrale di Porto (Sé), che sorpresa
Cielo di piombo, l’aria decisamente più fredda di ieri. Arriviamo alla Cattedrale quando apre; sul sagrato della chiesa non c’è nessuno. Il bello di essere mattinieri.
Avevo letto qualcosa sulla guida a proposito del chiostro della Cattedrale di Porto, ma non immaginavo fosse così straordinario. Ogni muro è tappezzato di azulejos che incorniciano ogni porta, stipite e spazio sotto gli archi. Nel dubbio, anche due pareti della loggia superiore sono coperte di piastrelle bianche e blu. E la pietra severa dell’edificio amplifica la delicatezza dei disegni.


L’interno della Cattedrale è opulento, anche se non a livello della Igreja de São Francisco (e menomale). Qui almeno c’è qualche spazio per respirare.
Dietro l’altare c’è un restauro in corso, quindi forse ci perdiamo l’area più bella della chiesa, ma fa niente. Di arte sacra ne capisco come di portoghese.
A zonzo fra i quartieri Aliados e Bolhão
Oggi siamo stati a vedere la stazione São Bento, proprio a fianco al nostro hotel. Nonostante il cantiere di restauro nel bel mezzo della sala, fa un effetto dirompente. Ma come avranno fatto a dipingere quei 20.000 azulejos e poi a incollarli alle pareti nell’ordine giusto?
Andiamo fino alla Torre dos Clérigos, che si vede da ogni punto della città. L’architettura è austera. La pioggia e la nebbia in cui è avvolta ne accentuano la severità.
Da galera a Museo della fotografia
Un museo permanente costruito nell’ex palazzo delle carceri di Porto.
La vergogna testimoniata dalle foto appese al muro. A piano terra, un’ampia sala espositiva testimonia le condizioni delle prigioni quando furono dismesse. Muffa, puzza, umidità e freddo. Un ambiente vomitevole, di degrado, lasciato andare per decenni alla decadenza più totale nonostante lì dentro ci vivessero delle persone. Finché non è stato deciso di sanificare l’edificio e farne qualcosa di bello, aperto al pubblico. Gratuitamente. Mi tocca profondamente questa cosa.


Al terzo piano, la collezione di macchine fotografiche d’epoca più ampia che io abbia mai visto. Nostalgica e curiosa. Ha risvegliato in me ricordi dimenticati quasi del tutto: le macchine fotografiche rettangolari, lunghe e strette. E quelle in miniatura. Forse ne avevo una da piccola.
E quelle giocattolo, finte. Di quelle ne avevo senz’altro una.
E poi le prime macchine fotografiche Kodak portatili! Oggi le diamo per scontate, ma una volta non lo era affatto. Ci si doveva portare dietro un enorme cavalletto, come minimo.
Quelle portatili Kodak furono le prime a dare la possibilità a tutti di fare fotografie amatoriali, anche in viaggio. E così eccoci qua.
Parchi e piazze. Respira.
Porto sembra un lego fatto di case strette alla vietnamita, che si alternano a piazze e parchi ampli. Sono spazi sobri e curati, lasciano vagare lo sguardo.
Il più bello per me è il Jardim da Codoaria. Elegante. Sui viali ci sono alcune sculture in metallo di uomini che ridono. No, si spanciano proprio dalle risate. Sono belle, i neuroni specchio empatizzano. Qui ci si sente bene.

Vila Nova de Gaia, the other (river)side.
Da questa parte si vede la città dall’altro lato del fiume Douro, quella degli scatti più conosciuti e forse anche più instagrammati di Porto. Ma non si può fare a meno di venire fin qui, è troppo bella.

Con la metro ci si ferma al Jardim do Morro; a pochi passi c’è il Mosteiro da Serra do Pilar, da cui si vede il ponte Dom Luis I e tutta la città.
Poi si scende verso il passeggio lungo il fiume, passando per stradine ripide, fra case diroccate e piccole residenze in pendenza.
Nell’area pedonale sulla riva si alternano negozi di souvenir, ristoranti attira-turisti e venditori ambulanti di cianfrusaglie a poco prezzo. E non mancano i caricaturisti, ovviamente.
Ma la zona più bella secondo me è fra le vie interne, quella delle famose cantine di vino, lussuose ed eleganti. Il crepuscolo tinge tutto di arancio e blu. Qui e là spuntano coloratissimi murales senza preavviso.
E dopo un’ottima degustazione di Porto, riuscire ritrovare la strada per l’albergo dà molta soddisfazione.
Foz do Douro, a ovest del sole
Dopo un risveglio avvolto da una nebbia impenetrabile, partiamo in bus in direzione di Foz do Douro: vogliamo vedere il faro e l’Oceano Atlantico.
Scesi vicino ai giardini, sentiamo l’aria zuppa di umidità, anche oggi.
Raggiungiamo la passeggiata lungo la costa, l’Atlantico è mosso, scuro, a tratti marrone e verde, incazzato. Le onde sbattono sui frangiflutti e sul faro, gli spruzzi impregnano l’aria.


Ci sediamo sul muretto che delimita la spiaggia. Osservando l’orizzonte mi sento finalmente lontana da casa, dopo tanto tempo. La forza dell’Atlantico e sapere di essere al confine ovest d’Europa mi riempiono di un senso di libertà.
Ciao Porto, spero ci rivedremo di nuovo.
2 commenti
Grazie Lucia, sono molto contenta che ti sia piaciuto <3
Letto volentieri e ritenuto utile. Grazie